Da un po' di tempo Rocket la mattina non vuole andare all'asilo.
Si certo, non ha mai detto "voglio andare", ma da qualche settimana tira sempre più indietro.
Si nasconde in giro per la casa, non si fa vestire, si aggrappa a tutto quello che può offrire appiglio quando lo aggancio e cerco di trascinarlo via, insomma un casino, faccio sempre tardi.
Quando finalmente arriviamo al Dagis poi, fa di tutto per non mollarmi, nemmeno la bella maestra gli fa più effetto, frignotta, si aggrappa… poi quando riesco finalmente a dirgli ciao ed esco lo vedo dalla finestra che va a cercarsi un giocattolo quasi tranquillo, ma un po' imbronciato. E' un periodo di regressione, passerà.
Una mattina, una delle meno peggio, usciamo di casa quasi in orario… lui ovviamente è imbronciassimo. Però si sta bene, non fa nemmeno freddo, alla faccia dei mucchi di neve e del ghiaccio per terra.
Mi decido. E' ora di parlare da uomo a uomo.
Io: "Riccardo?".
R: "Eh?".
Io: "Andiamo all'asilo, dove c'è la maestra Maria e tuoi amici, sei contento?".
R: "No".
Io: "Ma fai tanti giochi, poi mangi la frutta, fai i disegni, non ti piace?".
R:"No".
Io: "Ma perché no?".
R: "…". Nessuna risposta. Ok, la domanda è troppo complicata.
Io: "Non ti piace giocare con i tuoi amici?".
R: "No".
Il nostro piccolo vichingo dovremmo chiamarlo Dottor No. "No" è la sua parola preferita, la risposta standard a tutto. Ma decido di indagare.
Io: "Come no? Ma A? e J? Non giochi con loro?" [due suoi compagni]
R: "No".
Io: "Come no? Ma scusa, A e J non vengono a giocare con te?"
R: "No".
Io: "Ma come, ti lasciano giocare da solo?"
R: "eh".
Un lampo blu elettrico monofase: la lingua. Riccardo è indietro con lo svedese rispetto agli altri bimbi della sua età... magari lo emarginano per quello, poi aggiungi che ogni tanto è stato un po' "violento" (qualche schiaffone se lo meriterebbe anche lui...).
Un flashback immediato, il film della mia vita passata dura solo 5 millisecondi ma è dettagliatissimo.
Ci sono io, a 10 anni, ho appena traslocato con la mia famiglia, da un ameno posto nella campagna fuori Roma (Valle Martella, il miglior posto dove un bambino posso trascorrere la propria infanzia) a Padova, anzi neanche Padova un comune della cintura urbana, con 15 mila abitanti.
Per me è una città, ma è molto diversa da come me l'ero immaginata.
Sapevo che sarei andato a vivere in un condominio (addio villa in campagna, addio piscinetta gonfiabile in giardino e quelle due grandi pietre che si scaldavano al sole), ma mi immaginavo la gente gioviale di Roma, e magari un condominio col portone di legno e i muri in pietra, come quelli di Zagarolo, con 2 sedie sotto, su cui c'erano le solite vecchiotte a spettegolare.
Sono rimasto deluso.
Ho trovato un palazzo moderno, in cemento armato, con il portone vetrato sempre vuoto, le scale buie. Vivevano tutti in casa, se trovavi qualcuno fuori era perchè stava entrando o uscendo, e al massimo era buongiorno o buonasera.
La scuola in compenso era bellissima, una vera SCUOLA come la disegnerebbe un bambino. La palestra attaccata superfantastica, intitolata ad Olof Palme, con il parquet, i canestri regolabili, la moquette rossa per le serate di gala.
I compagni di classe… dei gran pezzi di merda. Si atteggiavano tutti come dei figli di papà, avevano tutti qualcosa più di me, ne sapevano più di me sulle cose che contavano, e soprattutto, io ero il TERRONE di turno, e avrei fatto molto meglio a tornarmene a casa mia a Roma.
E' stata dura.
Sono stato quello emarginato per anni, e dopo mi sono isolato da solo, perché non mi piaceva il tipo di gente che avevo intorno.
E' stato dall'università in poi che mi sono fatto un po' di amici veri.
Poi adesso che avevo tanti amici veri li ho salutati tutti per venire in mezzo alla neve e al ghiaccio… CHEMERDA!
Mi sale l'adrenalina… da quando ho iniziato a fare questo pensiero a quando l'ho finita avrò' fatto si e no un passo.
Il discorso con il piccolo guerriero non si è nemmeno interrotto.
Io: "Allora Riccardo ascolta bene il papà adesso ok?"
R: "Ok". Mi stringe con la manina.
io: "Gli amici sono importanti, anzi no, sono importantissimi! Gli amici sono quelli che ti danno la forza. Gli amici sono quelli che ti aiutano quando sei in difficoltà, anche se non sono con te gli amici ti danno sempre tanta energia buona."
R: "Grunt!" [grugnito d'assenso].
Io: "Avere tanti amici è la cosa più bella del mondo, il papà ha tanti amici e li pensa sempre e gli fanno tanto bene".
R: "Grunt!" [altro grugnito d'assenso, il "Si" non lo ha mai detto].
Io: "Devi volergli bene agli amici, perché se tu gli vuoi bene, anche loro ti vogliono bene. Ed è bellissimo."
R: "Grunt!". [Chissà se a 18 anni imparerà mai a dire "SI"]
Io: "Adesso tu vai all'asilo e cerchi 2 belle macchinino, vai da uno dei tuoi amichetti gliene dai una e l'altra la tieni tu e giocate insieme. Va bene?
R: "Va bene". Tutto sorridente.
Entriamo all'asilo, gli tolgo guantini-giacca-cappello-sciarpa-stivaletti-pantaloni-imbottiti-pile…. "Riccardo??" non c'è più… volatilizzato…
Metto a posto tutte le sue cose nell'armadietto, verifico la scorta di vestiti puliti, faccio il giro, arrivo davanti la sua classe, la maestra mi saluta con un sorriso. Riccardo ha una macchinino in mano ma è concentratissimo e serio, sta cercando qualcosa giù in fondo alla stanza tra i giocattoli.
Io: "Ciao Riccardo, ehm… io vado… ".
R: mi guarda un attimo, lieve agitata di manina, poi si abbassa e prende un'altra macchinino e corre di là, dove non vedo.
Con estrema soddisfazione mi rimetto le scarpe, ed esco.
Sulla strada verso l'ufficio penso ai miei amici. A breve prenderò un aereo che mi porterà da loro, manco dall'Italia da troppo tempo. Non vedo l'ora!